Il Filatoio di Caraglio

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Ogni bene culturale racconta una storia che merita di essere conosciuta.

Questo è particolarmente vero nel caso del Filatoio di Caraglio, non solo perché è un immobile secentesco, dal notevole pregio architettonico o perché raro esempio di archeologia industriale.
È oggi il più antico complesso manifatturiero serico in Europa ad accorpare sia le operazioni di trattura che di torcitura, importante innovazione piemontese che consentiva una maggiore qualità dell’organzino. Questa impostazione sarà precorritrice del “sistema fabbrica”.

Rappresenta quello che fu l’imponente sistema piemontese di produzione di seta, una realtà che nel Settecento contava numerosi tentativi d’imitazione.
Di queste “Fabbriche Magnifiche” che costellavano la campagna del basso Piemonte poco si è conservato, per questo il Filatoio è divenuto un prezioso testimone della storia e dell’economia dell’intero territorio.

La Fabbrica

Il complesso si articola su tre corti interne poste in successione, edificate in momenti diversi.
Il luogo per costruirlo fu scelto accanto alla fonte di Celleri per poter garantire l’approvvigionamento idrico necessario al funzionamento dei mulini da seta (torcitoi).
Il primo nucleo dell’edificio, che insiste attorno al primo cortile, includeva, oltre al filatoio vero e proprio, anche due ali residenziali utilizzate occasionalmente per i soggiorni caragliesi dei proprietari, che vivevano a Torino.

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Ricorda un castello grazie alle torri circolari bianche poste agli angoli che gli conferiscono un aspetto aulico: questa suggestiva architettura, pur avendo una connotazione difensiva, si deve più probabilmente all’imitazione di modelli costruttivi in uso nelle campagne in quel periodo.
Gli spazi produttivi furono notevolmente ampliati a metà Settecento con l’aggiunta di corpi di fabbrica a formare le altre due corti, che comprendevano una nuova filanda, più ampia, per incrementare la trattura, vari locali adibiti allo stoccaggio e alla stufatura dei bozzoli e ad altre attività accessorie.
Adiacente al fabbricato sorse anche un dormitorio per le giovani addette alla trattura che arrivavano da fuori paese.

I Galleani

Le vicende del Filatoio di Caraglio s’intrecciano a quelle della famiglia Galleani.
Fu infatti Giovanni Gerolamo Galleani ad iniziarne l’edificazione nel 1676, completandola in poco meno di due anni con uno sforzo economico e organizzativo notevole per i tempi.
Se si tiene conto anche del periodo tra il 1813 e il 1857 in cui il setificio fu dei Galleani d’Agliano, la proprietà appartenne alla stessa famiglia per circa duecento anni


I Galleani ebbero però rilevanza per tutto il comparto serico piemontese.
Giovanni Francesco Galleani, il padre, è considerato tra i principali artefici della trasformazione del settore avvenuta nella seconda metà del Seicento.
Ebbe infatti il merito d’introdurre i torcitoi idraulici bolognesi, macchinari all’avanguardia nella torcitura della seta, oltre ad essere uno dei fautori della codificazione di pratiche volte a migliorarne l’intero sistema produttivo.
L’operazione (di spionaggio industriale) che lo vide protagonista nei primi anni Sessanta, si concluse con la costruzione di un primo filatoio a Borgo Dora, a Torino.
Tra il 1670 e 1671 padre e figlio furono coinvolti nella realizzazione e gestione dell’impianto della Venaria, dove prese forma il primo setificio, ovvero l’unione di filanda e filatoio in un unico stabilimento. La fabbrica includeva inoltre un laboratorio di tessitura.
Cinque anni più tardi fu la volta del setificio di Caraglio, anch’esso caratterizzato da importanti novità quali lo spostamento fuori città, in un’area agricola in cui era facile reperire la materia prima e manodopera a costi bassi.

I Cassin

Dal 1857 si aprì un nuovo capitolo per il Filatoio, con l’acquisizione da parte della famiglia Cassin.
Intorno al 1870, furono smantellati e sostituiti gli antichi mulini da seta circolari in favore di nuovi modelli a pianta in quadro, più moderni.


Il mercato della seta si era molto trasformato in quegli anni, sia per via della diffusione della pebrina, malattia del baco da seta, sia perché ormai, per restare competitivi, erano richiesti ingenti investimenti per riorganizzare l’attività e rimpiazzare le vecchie tecnologie.
Proprio in questo contesto avvenne il passaggio di proprietà tra il Conte Pio Galleani d’Agliano e il banchiere Beniamino Cassin.

Il Declino e La Riscoperta

I Cassin lasciarono il setificio nel 1929, anno della Grande Depressione americana che gravi ripercussioni ebbe anche in Europa, ancora piegata dalle conseguenze del primo conflitto mondiale. L’attività proseguì comunque fino a metà degli anni Trenta.


Il comparto serico era costretto a confrontarsi con un’ulteriore difficoltà derivante dalla commercializzazione del rayon.
Chiuso il setificio, i macchinari furono venduti e, nel ’38, il fabbricato fu dato in concessione all’Esercito Italiano e trasformato in caserma del corpo degli Alpini. Dopo
l’armistizio fu sede presidio militare tedesco.
I decenni che seguono il conflitto vedono un’ulteriore trasformazione del Filatoio, sede di svariate attività artigiane, allevamenti e depositi.
Un rinnovato interesse nei confronti del Filatoio si ebbe a partire dagli anni Ottanta, quando iniziarono gli studi da parte del Politecnico di Torino e, nel decennio seguente, il Consiglio d’Europa definì il Filatoio “il più insigne monumento storico-culturale di archeologia industriale in Piemonte”.
Ancora una volta il destino del Filatoio si intrecciò con quello di un Galleani: l’ingegnere Luigi Galleani Conte d’Agliano, che profuse enorme impegno affinché il Filatoio potesse essere restaurato e presiedette fino al 2014 la Fondazione creata per la tutela del bene.

Il Museo Del Setificio Piemontese

L’antica fabbrica è riconvertita dal 2002 ad area espositiva alla quale si è aggiunto, nel 2005, il permanente ‘Museo del Setificio Piemontese’, percorso di visita unico in Piemonte dove è possibile ripercorrere l’intera filiera dell’organzino e ammirare una delle rare riproduzioni dei torcitoi idraulici da seta, tecnologia antica, migliorata nel corso di secoli e tassello fondamentale nell’evoluzione del sistema produttivo serico a livello mondiale.


Il progetto di ricostruzione di queste imponenti macchine ha coinvolto Flavio Crippa, grande conoscitore di tecnologie applicate al settore serico, curatore di altre importanti riproduzioni per numerosi musei italiani, tra i quali il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, il Setificio di San Leucio (Caserta) o il Civico Museo della Seta Abegg a Garlate, di cui è anche Direttore.